giovedì 18 giugno 2015

Olympus e-30

Già dopo i primi scatti ho capito di essere tornato a casa con la e-30 e lo zuiko 14-54II.

La cosa che più mi mancava del 4\3 era l’ergonomia, quel sentire bene in mano la coppia corpo-ottica e, romanticamente parlando, il suono dello specchio che si solleva quando si scatta.

La macchina in questione è del 2009, una data che tecnologicamente parlando è preistoria soprattutto tenendo conto dei balzi in avanti compiuti dai sensori solo nell’ultimo anno.

Quello che apprezzo è quella sensazione di ritorno a casa come dopo una vacanza quando rientri e sai già cosa e dove troverai le cose.

I pulsanti che cadono proprio dove il pollice va a cercarli, le rotelle che scattano in modo preciso, il mirino ottico con tutti i vantaggi e svantaggi che porta.

Certo ci sono i compromessi da accettare come la tenuta agli alti iso, oggi si viaggia tranquillamente a 3200 iso puliti mentre nel 2009 ci si fermava a 800.

Quello che più mi piace è il fatto di non vedere la foto esattamente come verrà ripresa mentre nelle mirrorless il mirino ti mostra esattamente ciò che il sensore registrerà. Per me è un modo per usare la testa e conoscere la macchina, saper regolare l’esposizione per ottenere ciò che voglio senza vederlo è stimolante ed ancora di più è andare a rivedere gli scatti fatti e capire dove eventualmente ho sbagliato.

Al più presto spero di fare una sessione di caccia fotografica con lo Zuiko 50-200 swd, una lente che tante soddisfazioni mi ha dato e magari anche qualche macro o ritratto con il 50 f2 macro.

mercoledì 17 giugno 2015

L'importanza della regola dei terzi

Non sono uno che crede molto alle regole ferree nell’arte e quindi neanche nella fotografia ma ci sono alcune nozioni minime che se apprese e seguite aiutano a comporre in modo armonioso lo scatto.

A mio avviso la regola dei terzi è una delle poche che aiuta il fotografo a comporre bene una foto, a renderla piacevole da guardare.

Nelle seguenti foto si capisce bene come applicare questa regola:

 

 

Come si vede dalle foto è facile capire che per avere una foto ben eseguita bisogna riuscire a suddividere l’immagine in porzioni che aiutino chi guarda a focalizzare lo sguardo sul soggetto oppure a rendere le varie parti proporzionate.

Al giorno d’oggi è ancora più facile seguire questa griglia visto che i cellulari e le mirror less permettono già in fase di inquadratura di visionarla nel mirino o sul monitor ma solo questione di abitudine e poi la si seguirà anche in assenza di una guida visiva.

 

 

martedì 16 giugno 2015

Ritorno al #sistema4\3 dopo il #micro4\3

Dopo aver scritto di essere ritornato al “vecchio” sistema 4\3 mettendo da parte il più recente corredo micro4\3 alcuni lettori mi hanno scritto chiedendomi il perché, se ero rimasto deluso dal micro, se avessi riscontrato qualche grosso difetto o lacuna e cose di questo tipo.

La risposta è no.

Il sistema micro 4\3 è quanto di meglio a livello tecnologico oggi possa offrire #Olympus assieme a #Panasonic e in modo più ampio ritengo che sia il migliore sistema mirror less oggi presente sul mercato.

Alle volte però si fanno scelte di cuore, scelte di feeling, scelte basate sul piacere personale che si prova usando un determinato strumento.

Andare in giro con una vespa anni ’50 o con una 500 originale ha senso in un mondo in cui puoi avere mezzi ben migliori? La risposta è sì se ciò ti fa pulsare il cuore più forte, ti emoziona e non ti fa sentire la fatica anche dopo aver percorso chilometri.

Non si vive di solo progresso tecnologico e come ho sempre detto facevo belle foto anche con la vecchia e-1 da 5 mega pixel e senza stabilizzatore e ancora prima con la pellicola. Il progresso serve a facilitare il lavoro al limite, non di certo a stravolgerlo.

Quello che realmente mi è mancato è stato l’effetto cuore, il coinvolgimento mano-occhio-mirino che ti fa scattare la foto sapendo come verrà ancora prima di portare la macchina al viso.

Io ho avuto in contemporanea ambedue i sistemi fin dall’uscita del micro con la ep1, la prima #Pen di Olympus passando poi alla versione lite e alla e-m1 con relative lenti pro. Di sicuro apprezzo i pesi e gli ingombri ridotti di questo mondo privo di specchio ma queste stesse cose me ne hanno fatto allontanare. Devo sentire la macchina e la lente in mano, anche a livello di pesi e ingombri che pur essendo contro producenti per la schiena mi aiutano nella composizione dello scatto.

In tutto questo l’esibizione del cannone centra poco niente, per carattere preferisco passare inosservato e comunque quando l’utente medio legge Olympus sul corpo e Zuiko sulla lente al massimo fa spallucce e poi si gira ed in questo il micro mi aiutava perché meno appariscente.

A livello di lenti lo Zuiko Micro 12-40 è bellissima, ma per i miei gusti non restituisce lo stesso tipo di immagine che restituiscono i vecchi Zuiko. Saranno i nuovi trattamenti anti riflesso o altro ma il risultato è per me diverso, meno tridimensionale.

La tecnologia è anche questo, cambia il processore di immagine, cambia un algoritmo di elaborazione e cambia il risultato che magari è migliore per nitidezza e contenimento del rumore ma è anche meno personale se così si può dire.

In tutto questo conta anche la grandezza delle mani, le mie non sono esattamente piccole, sono alto 180 cm, ho le mani belle grandine e devo ammettere di non aver mai trovato la perfezione nei corpi micro 4\3 a livello di presa neanche con i grip aggiuntivi, sempre un pelo grandi o piccoli come un guanto che non calza a dovere o una calza della misura sbagliata. Per qualcuno ciò può essere ininfluente o non giustificare un cambio ma per me sì e sottolineo che è un parere soggettivo ma così come non farei mai una marcia con le calze troppo strette allo stesso modo non riesco a fare lunghe sessioni di foto con un corpo macchina piccolo.

La mia scelta di tornare allo standard 4\3 prendendo una #Olympus #e-30 rappresenta la sintesi di tutti questi pensieri, un corpo praticamente uguale a quello della e-5 ma meno pesante, un parco lenti adeguato già in mio possesso  e il fatto di conoscere il processore di terza generazione di Olympus ( oggi siamo alla settima) molto bene avendolo usato per anni e quindi conoscendone limiti e virtù.

Non è una questione di meglio o peggio, è una questione di diverso.

 

 

 

 

 

 

lunedì 15 giugno 2015

L'importanza delle lenti per un fotografo

Da parecchi mesi mi ronzava in testa l’idea di riprendere in mano il corredo 4\3 con cui mi trovavo benissimo e che tante soddisfazioni mi aveva dato ma non trovavo mai l’occasione giusta.

Alla fine, dopo tante ricerche, sono riuscito a contrattare una Olympus e-30 usata pochissimo per 200 euro. Per chi non conoscesse questo corpo si tratta del penultimo sfornato da Olympus per lo standard 4\3 e si posizionava tra la e-3 e la e-5 perdendo il corpo in magnesio e la tropicalizzazione ma mantenendo il sistema di messa a fuoco, il mirino bello ampio e le misure adeguate alle mani grandi come le mie.

Perché questa scelta?

La chiamerei una scelta di cuore, a parte il mio amore profondo per il 4\3 avevo ancora in casa ciò che per un fotografo dovrebbe essere fondamentale: delle belle lenti da usare.

Nello specifico la e-30 andrà a sfruttare il 14-54mm II f 2.8-3.5, il 50-200mm SWD f2.8-3.5, il 50mm f2 macro, il 35mm macro e il 25mm f2.8, tutte lenti di buona qualità da cui non mi ero mai separato.

Alla fine il cerchio si chiude per quanto mi riguarda, per anni ho usato corpi pro e lenti pro 4\3  di Olympus trovandomi bene, poi ero passato al micro 4\3 sempre con materiale di fascia alta ma senza trovare lo stesso feeling, le stesse sensazioni.

Oggi in casa mi trovo con un buon corredo micro 4\3 e un ottimo corredo 4\3 che verranno usati a seconda delle necessità, il micro con le lenti fisse luminose mi accompagnerà negli ambienti interni o quando mi servirà ridotta pdc mentre per le uscite all’aperto, la caccia fotografica e le gite potrò affidarmi ai due ottimi zoom 4\3 e al robusto corpo della e-30.

Alle volte per essere felici bisogna essere anacronistici, staccare la testa dalla corsa all’ultima novità e concentrarsi su ciò che restituisce piacere visto che alla fine da amatore quale sono fotografo per diletto e non per necessità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riflessioni fotografiche

Ultimamente ho perso parecchio del mio amore verso la fotografia e la causa principale sono i social network e le valutazioni che su di esse si fanno delle foto.

Purtroppo mi rendo conto che oggi i professionisti hanno veramente la vita dura a causa della valanga di foto che girano e che vengono regalate alle testate giornalistiche on line che le pubblicano ripagando i presunti fotografi con un ringraziamento e una citazione quali autori.

Tutto questo ha portato ha uno svilimento della fotografia e ad una prostituzione impressionante delle persone che pur di vedere il loro nome accanto ad una foto scattano a tutto e a tutti senza un minimo di criterio o di capacità tecnica. Come può un professionista campare di fotografia se altri regalano scatti? Come può distinguersi dalla massa e farsi conoscere se a essere pubblicati sono degli amatori armati di compatte e cellulari?

I social network hanno distrutto parecchi mestieri, dal giornalismo alla fotografia perché i loro utenti medi sono di bocca estremamente buona e si accontentano di poco e che sia gratis senza rendersi conto che fanno del male principalmente a se stessi.

A cosa serve un bravo fotografo naturalista che passa giorni in quota studiando luci, paesaggi e colori se poi la gente si accontenta di una foto fatta da un escursionista occasionale con il telefonino?

Perché pagare un fotografo per un reportage fatto bene quando dopo pochi secondi in rete è pieno di fotografie dello stesso evento fatta da passanti?

Ovviamente tutto ciò giova alle testate giornalistiche a livello economico e a parte i grandi nomi come il #National Geographic o #Life che per fortuna perseguono la qualità il resto del mondo non sa distinguere una foto ben fatta da una, perdonatemi lo sfogo, cagata.

Io vedo nel piccolo della mia città dove ci sono un paio di personaggi in pensione che girano tutto il giorno, 365 giorni all’anno con la macchina fotografica al collo e scattano foto ovunque e a chiunque, passanti, bambini, coppie e le chiamano street oltre a caricarle in rete. Questi personaggi sono mentalmente malati ovviamente altrimenti non si spiegherebbe questo uso  della fotografia e la cosa tragica è che poi girano gli scatti ai giornali locali che li pubblicano citandone gli autori. Tutto questo innesca poi un meccanismo per cui sempre questi fenomeni te li ritrovi ad allestire mostre con la loro cricca di amici e mettono in ombra veri bravi fotografi locali che vivono di fotografia ma che chiedendo un compenso non godono di molta popolarità.

Se questo andazzo innervosisce me che sono un fotografo amatoriale, che non vivo di scatti non oso immaginare un vero fotografo come possa sentirsi.